Ospite al DLA Piper Sport Forum allo stadio di San Siro a Milano, l’amministratore delegato del Milan Giorgio Furlani ha rilasciato queste dichiarazioni sul progetto rossonero, il rischio di fallimento e la questione stadio.
Il progetto Milan: “Siamo entrati come finanziatori e poi siamo diventati proprietari per il fallimento dell’azionista. Siamo entrati e abbiamo dovuto fare un cambio che si è incentrato su quattro colonne fondamentali. Il primo è il successo sportivo perché non c’è progetto nel calcio e nel Milan che non abbia questo alla base. Il Milan veniva da cinque anni senza Champions e bisognava raddrizzare questo. La seconda parte era l’aggiustamento dei costi: avevamo troppi giocatori, dovevamo migliorare la performance e i conti. Il terzo pilastro era investire non solo nella parte sportiva ma anche in quella commerciale. La quarta colonna era ahimè il nuovo stadio che è rimasto con un sacco di disegni, un modellino che ho ancora nel mio ufficio. Abbiamo provato la strada del progetto San Siro e ora ci siamo buttati su un’altra strada. Noi gestiamo il club cercando di avere un cash flow in positivo, a prescindere dal player trading. Una volta generate risorse, quel che facciamo è reinvestire risorse nella crescita. Questione stadio? Abbiamo provato a fare il progetto San Siro, ora ci siamo buttati su San Donato”.
Sul calciomercato: “La domanda di calciomercato non me l’aspettavo. Abbiamo fatto il primo utile sul bilancio e questo si inserisce nel contesto di cui dicevo prima. Abbiamo sicuramente potenziato tutta la parte business con nuovi partner e sponsor, investimenti e sfruttamento dell’e-commerce. Ovviamente il successo economico si sposa col successo sportivo, è difficile fare uno e non l’altro. Competitività sì, ma non ad ogni costo. Cerchiamo di essere competitivi e attenti sui costi. Questo focus sui risultati sportivi che portano ricavi, purtroppo salta se viene meno il Decreto Crescita. Senza ci sarebbe la distruzione del calcio italiano. I risultati europei dello scorso anno, in quelli precedenti non si ottenevano. A livello economico siamo sotto altri mercati, siamo in un contesto difficile, è praticamente impossibile fare un progetto stadio, abbiamo limitazioni sugli extracomunitari, una lunghezza dei contratti più corta di altri Paesi. L’unica leva che ci rende competitivi è il Decreto Crescita. Il prossimo anno verranno mantenuti i pezzi da novanta? Non lo so vediamo”.