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Allegri e Pioli, quel destino comune segnato. Perché non parlare chiaro senza ipocrisie?

Ci sono alcuni elementi che accomunano la situazione Juventus-Allegri e quella Milan-Pioli. Due allenatori che hanno raggiunto gli obiettivi minimi in questa stagione e che in passato hanno centrato probabilmente il massimo dai roster avuti a disposizione nelle rispettive squadre.

Quest’anno hanno tutti e due deluso le aspettative dei club di appartenenza e in questi mesi hanno perso giornate dopo giornata la fiducia delle tifoserie e anche delle dirigenze. Gli organigrammi ai piani alti son cambiati in corsa sia per i bianconeri che per i rossoneri: l’insediamento di Giuntoli a Torino e Ibrahimovic a Milano, in proporzione diverse, hanno in qualche modo ulteriormente indebolito le posizioni dei due allenatori. Un restyling di questo tipo di solito porta aria nuova sulle panchine.

A primavera inoltrata il destino di Allegri e Pioli era chiaro già a tutti: dead men walking. Mediaticamente le voci sui sostituto dell’uno e dell’altro si son fatte sempre più forti e le piazze si stanno tuttora cimentando nella ricerca del successore favorito.

Il risultato di questa pressione al cambiamento ha generato un ulteriore stress al gruppo squadra. La Juve ha retto la botta tutto sommato, mantenendo il posto Champions più per demeriti altrui, ma alzando la Coppa Italia. Il Diavolo invece si è sciolto quando poteva invece dar una botta d’orgoglio all’annata, facendosi eliminare inopinatamente in Europa League dalla Roma.

Ma ai mister cos’è successo? Hanno perso il loro aplomb, in modo più o meno evidente, e hanno ceduto. In parte si è visto sul campo con scelte forzate, in parte davanti ai microfoni, dove si son lasciati andare in dichiarazioni meno diplomatiche.

Max tuttavia dopo la finale con l’Atalanta ha perso completamente le staffe. A caldo qualcosa si poteva concedere, ma nel post gara tutto è apparso estremamente esagerato. Trofeo alzata e esonero anticipato, combo insospettabile. Ora da capire resta come verrà gestita la questione dell’ultimo anno di contratto, sul quale probabilmente tratteranno le parti con una buona uscita concordata.

La riflessione però viene spontanea: perché mantenere l’alone ipocrita del “va tutto bene, Pincopallino è il nostro allenatore e siamo contenti di lui”, quando è palese a tutti che si sta guardando altrove? Perché non si può fare come capita in Germania o come capitato al Liverpool con Klopp, dove si parla chiaro a stampa e tifosi, e si annuncia la separazione consensuale? Questo lascerebbe ai club più tempo e soprattutto più serenità nella ricerca dei sostituti e nessuno avrebbe modo di speculare oltre. Pare una via più complicata, ma in realtà è solo più rispettosa per le persone e per il lavoro che svolgono.

Milan: Stefano Pioli Europa League (Photo Credit: Agenzia Fotogramma)
Milan: Stefano Pioli Europa League (Photo Credit: Agenzia Fotogramma)

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