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Albertini: “L’esordio è stato incredibile. In quegli anni eravamo fortissimi, gli avversari erano impauriti”

Demetrio Albertini ha rilasciato una lunga intervista ai microfoni del club rossonero in cui ha parlato anche dei suoi anni al Milan. Queste le parole di Albertini:

Sui suoi inizi: “Mi veniva a prendere mio fratello a scuola per giocare contro le squadre dei paesi di fianco. Poi il mio primo allenatore è stato mio papà. A 10 anni ho iniziato a giocare al Milan, quando giocavo male mio papà mi fischiava per richiamarmi. Ora rispetto ai miei inizi è cambiato molto: io ho iniziato in oratorio, non c’erano neanche gli osservatori”.

Se sentiva la pressione nei primi anni al Milan: “No. Io negli anni del settore giovanile ho riportato indietro la borsa due volte, una perché non giocavo e volevo divertirmi e l’altra perché andavo male a scuola e i miei genitori volevano darmi una svegliata. In quegli anni cercavo di massimizzare il tempo tra scuola e calcio”.

Su come è arrivato in Serie A: “Non c’è un segreto. In primis c’è la famiglia, che ti agevola o ti complica nel sogno. Poi devi essere bravo a gestire una carriera che ha tempi diversi da tutte le altre: fai soldi e vai in pensione prima di tutti, per cui ci vuole tanta disciplina. Qualcosa mi ha mai distolto dalla disciplina? No, perché per me facevo la cosa più bella del mondo, era il mio sogno giocare a calcio e volevo rispettarlo”.

Sull’esordio a 17 anni col Milan: “Non sei pronto ad esordire in quella squadra a quell’età, era un premio. Io ho sempre gestito bene gli allenamenti, con i compagni che avevo crescevo ogni giorno. L’esordio è stato meraviglioso. Io mi sono sentito giocatore quando ho iniziato a giocare con più continuità nel Milan, poi il risultato della carriera lo sai solo alla fine, puoi solo immaginare in che gruppo sarai. Ho vinto tanto ma ho perso anche 11 finali”.

Su Sacchi: “Era maniacale, un grande insegnante, molto meticoloso, fin troppo a volte. Ha portato in Italia l’idea di partita di calcio che emozionava per la squadra e non per i singoli. Io l’ho frequentato tanto, è impegnativo però ti lascia tantissimo”.

Sulla loro mentalità: “Uno spera sempre non si perda mai il DNA di una squadra. Quello del Milan è nato quando è arrivato Berlusconi, che ci aveva detto che saremmo diventati i più forti del mondo e alla fine ci siamo arrivati. Il Milan resta una delle squadre più riconosciute nel mondo”.

Su Baresi, a cui all’inizio dava del lei: “Certamente, tutto il primo anno. Non so perché, però c’era tanta riverenza. Nello spogliatoio ero vicino a Simoni e mangiavo con i giovani. Baresi parlava poco ma era un leader”.

Se gli avversari in quegli anni entravano in campo con paura: “Secondo me anche prima di entrare in campo. Noi abbiamo il record delle 58 partite senza perdere, a volte magari meritavamo di perdere ma gli altri si presentevano con paura”.

Se ha mai discusso con gli allenatori: “Si, molto. Io sono sempre stato schietto e trasparente, quando avevo qualcosa di dire all’allenatore lo facevo, poi mi allenavo come sempre. Non ho mai avuto ripercussioni. Capello? Parlava molto singolarmente, Arrigo invece parlava più alla squadra in generale. Capello era più dedicato alle cose personali”.

Sui Milan più brutti che ha vissuto (tra il 1996 e il 1998): “Quelli sono gli anni dei parametri 0 e di un cambiamento epocale nel mercato, per cui ci furono tanti acquisti e questa è una cosa che destabilizza sempre. Sono stati anni difficili per quello: c’erano ottimi giocatori ma troppi cambiamenti, tra cui tanti addii”.

Demetrio Albertini - MilanPress, robe dell'altro diavolo
Demetrio Albertini – MilanPress, robe dell’altro diavolo

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