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Pato: “A Milanello ricordavo tutti i posti, è stato bellissimo. Al ritorno a San Siro avevo una voglia di mettere la maglia e giocare…”

Alexandre Pato è stato protagonista dell’ultimo episodio di “Passa dal BSMT“, celebre podcast di Gianluca Gazzoli. L’ex attaccante rossonero ha parlato di tanti temi, sia a livello personale che di carriera: ecco i passaggi salienti che riguardano il Milan.

Sul ritorno a Milanello: “Mentre andavo mi ricordavo tutti i posti, mi ricordavo di tutto. Le vie, tutte la parti di Milanello, non solo una. Ho incontrato la signora che lavorava già quando c’ero io e che andava in camera dove lasciava tutto sistemato. Poi il cuoco, le persone che lavorano lì. Ho detto loro: ‘Vorrei piangere, ma non posso perché c’è la camera che mi guarda’. È stato bellissimo. Ero giovane e sono cresciuto lì: tutto quello che ho vissuto a Milano mi fa venire i brividi. Cambiamenti? Sì, alcune cose sì. Dentro lo spogliatoio, qualcosa in più. C’è qualcosa, però per me è sempre uguale“.

Sui giocatori attuali: “Alcuni li conoscevo solo tramite Instagram, poi ci siamo incontrati. Conoscevo Morata da tanto tempo perché abbiamo parlato quando io sono andato in Cina. Conoscevo Ruben (Loftus-Cheek, ndr) perché ho giocato con lui al Chelsea, poi sono tutti nuovi. Meno brasiliani? Ho trovato solo Emerson, mentre quando c’ero io eravamo in otto. Il calcio sta cambiando, molto. Leao? È un personaggio. Io quando sono arrivato alla loro età io ero piccolissimo, loro sono tutti alti, troppo grandi. Ho sempre avuto stima di lui, tifo per lui. Ha tutte le possibilità di portare il Milan in alto, quindi sarò sempre lì a sostenerlo e speriamo che faccia ancora tanti gol per il Milan“.

Sul ritorno a San Siro: “Mi hanno fatto entrare nel campo, ti viene voglia di piangere. Poi i tifosi che ti urlano, ti chiedono una foto. Poi avere i miei genitori di fianco a me, perché loro sono rimasti un mese con me, poi sono andati via. Poi loro sono tornati con me dopo 12 anni a San Siro. Per loro è stato bellissimo. A parte il freddo e non sentivano più i piedi, però è stato bellissimo. Voglia di entrare a giocare? Ti dico una cosa. In questo periodo ho chiesto un consiglio a Kaka: ‘Cosa hai fatto tu quando hai smesso di giocare?’. Lui mi ha detto: ‘Così sono a posto”. Io adesso, mamma mia… non voglio essere quello che vuole tornare per forza al Milan, però avevo una voglia di mettere la maglia, scendere in campo e giocare… Potrei tornare a giocare? Mi devo rimettere in forma. La voglia c’è, vediamo…“.

Sull’arrivo al Milan: “Quando ero giovane io andavo con la Nazionale brasiliana. Oltre al Milan c’erano anche altri club: Real Madrid, Juventus, Barcellona, Ajax, PSV, Inter anche. Andai al Mondiale in Canada con la Sub21 brasiliana e prima di una partita ci dissero che c’era Ancelotti a vedere la partita. Io ho detto: ‘Ah, okay’. Non so se era vero, ma c’era uno stimolo in più. Andammo a giocare il Mondiale per club dove vincemmo e io sapevo che c’era il Milan davvero. Dissi che era lì che volevo andare, perché lì c’erano tutti: Ronaldo, Maldini, Nesta, Pirlo, Gattuso, Cafu, Kaka, Sheva, Inzaghi. Io volevo andare lì perché volevo giocare con i super campioni. Io non capivo come era il Milan, io volevo andare lì e basta“.

Sui primi 6 mesi senza giocare: “Ho giocato con la Primavera, dormivo a Milanello. Al Milan è stato davvero bello per me. Hanno fatto anche partite amichevoli, siamo andati in Ucraina a giocare. Era tutto incasinato con il passaporto. Abbiamo giocato, ho fatto un gol, tutto bellissimo e sono tornato in albergo. Arrivo in camera e c’è un Rolex, perché lì in Ucraina hanno regalato a tutti i giocatori. Poi siamo andati con l’aereo di Berlusconi, tutto bello. Io guardavo il Rolex e dicevo bello, bello, bello… La mattina mi sono svegliato, l’ho messo nella valigia. Ero in ritardo e sono andato in pullman. In pullman passano 30 minuti e dicono: ‘Passaporto tutti ok?’. I brasiliani mi dicono di controllare: l’avevo dimenticato in camera. Ero piccolino, tutti ad aspettarmi… un casino. Kaka mi prende in giro tutt’oggi. Chi mi ha colpito di più appena arrivato? Ti dico Ancelotti perché ero giovanissimo e lui mi ha fatto andare dove tutti mangiavano. Io ero piccolissimo. Lui arriva davanti a tutti e dice: ‘C’è Pato qui, vorrei che tutti lo salutaste’. Tutti sono venuti a darmi la mano. Mi è rimasto nel cuore il rispetto: quelli hanno vinto la Champions e si sono alzati a darmi la mano, abbracciarmi e darmi l’in bocca al lupo. Chi mi ha impressionato? Ronaldo, Ronny era diverso“.

Su Berlusconi: “Il primo incontro? È stato un giorno in cui siamo andati a mangiare, io ero con la mia famiglia. A parte i soldi del Milan, il rispetto: loro si sono fidati di me. Purtroppo non c’è più, ma per me sarà sempre colui che mi ha trattato sempre bene. Mi chiamava in pullman mentre andavo alla partita. C’era Leonardo allenatore, mi chiama un numero che non conoscevo e mi dicono: ‘Ciao Ale, c’è Berlusconi che vuole parlare con te’. Eravamo a trenta minuti dalla partita. ‘Guarda, vai vicino alla porta. Non stare lontano, non devi per forza puntare 5 giocatori. Non ti preoccupare, ci parlo io con l’allenatore’. Lui è sempre stato gentile. Lui era una persona molto carina, era divertente e mi dava consigli sul campo. Leonardo cosa diceva? Niente perché abbiamo vinto contro il Madrid, c’era il trio brasiliani. Neanche sapeva di Berlusconi, lo ha saputo dopo tanto tempo (ride, ndr). È stato fondamentale per me Berlusconi. Ha fatto la storia del Milan, lo amava. Quello che ha fatto per il Milan non si può cancellare“.

Sulla possibilità del PSG: “Ancelotti e Leonardo mi chiamarono perché volevano che fossi il primo acquisto del PSG. Mi chiamarono gli agenti con il contratto e avvisiamo il Milan. Berlusconi non voleva che io partissi perché mi diceva che si fidava di me e io gli ho detto: va bene, tu decidi perché sei tu che mi hai preso dal Brasile così giovane. Mi ha detto tante cose per farmi rimanere“.

Sugli infortuni: “Il primo infortunio era a Udine, Thiago mi passa il pallone ero a metà campo e avevo spazio per andare in porta. Ho sentito qualcosa pensando che qualcuno mi avesse fatto qualcosa. Non sapevo. È successo che a volte alcune cose non abbiamo avuto il tempo per fare ciò che si doveva fare, sistemare i muscoli. Io ero un giocatore importante per il Milan, a volta dovevo essere in campo e io con la voglia di essere in campo accettavo. Non sono state rispettate le tempistiche, sia da me che dal Milan. Il peggior momento è stato quando il problema è arrivato alla testa. Poi è un giro da cui tu non riesci ad uscire. Giri, giri, giri e non riesci. Parli con dottori, fisioterapisti e non riesci. Venne anche un dottore dal Brasile per aiutarmi fisicamente. Poi è arrivato in testa e nel momento in cui io pensavo di correre, pensavo di farmi male. Fino a dicembre c’era questa cosa e da gennaio 2012 fino ad oggi ho avuto due o tre infortuni muscolari. Ero piccolo e pensavo a giocare, però penso che c’era del tempo che dovevo rispettare. È diverso da oggi, magari io in quel periodo non ero equilibrato. Non era d’abitudine come i giocatori d’oggi fare palestra prima dell’allenamento e dopo. Oggi è molto difficile che un giocatore che si allena la mattina abbia il pomeriggio libero, perché oggi anche il pomeriggio lavori magari da casa. Mental coach in quel periodo? No, non mi facevo aiutare. Io tornavo a casa, mangiavo la pasta, giocavo ai videogames e mangiavo il mio tortino, ero felice. Oggi penso che lo psicologo sia tanto importante“.

Su Ibrahimovic: “Ci siamo incontrati e non è cambiato per niente. Per me in questo momento è un uomo molto giusto per il Milan, è bravissimo. Era una persona che metteva su la squadra anche nel suo modo un po’ aggressivo. È un ragazzo gentilissimo, amichevole. Penso che lui possa aiutare il Milan, però tu sai che sei in una squadra che ha tanti tanti titoli e pressione. Basta solo dargli tempo. Lui è divertente, sorride, ma è un uomo che anche nel suo ruolo oggi dev’essere più serio. È molto educato, molto di cuore. Ha salutato i miei genitori, mia moglie, è molto carino. Dentro di lui ha un cuore molto grande“.

Sul suo futuro: “Penso che devi farci pensieri, ma sono così: quello che mi offrono, io vado. Non mi dispiacerebbe perché il Milan è quello che mi piace, che amo. Non so il futuro, lo lascio a Dio“.

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