È il Presidente delle generazioni di milanisti boomer e millennial. È il Presidente che ha rappresentato la svolta insperata, la rivoluzione, il sogno e l’ambizione sfrenata. È il Presidente che è entrato nel mondo nel calcio pensando da subito in grande, letteralmente in elicottero, pertanto non proprio in punta di piedi.
Ha ribaltato organigrammi, inserito nuove figure, stravolto il modo di gestire un club, a livello marketing, comunicativo, sportivo, finanziario, cambiando perfino il modo di operare sul mercato, con alcune delle sue influenze ancora in auge dopo quasi 40 anni.
È stato il cambiamento, la sorpresa e sopratutto è stato il successo. Personale e di brand. Ha traghettato il Milan e trainato in qualche modo anche il calcio italiano nel futuro. È stato d’ispirazione per le famiglie di imprenditori che nel nostro paese hanno posseduto società calcistiche nel secolo passato.
L’impatto, con i suoi pro e i suoi contro, ha portato la Serie A ad essere ciò che oggi vediamo nella Premier League, ovvero sia un sistema con un giro di business non paragonabile agli altri campionati europee dell’epoca.
Prima di lui solo il presidente Bernabeu aveva generato così tanti cambiamenti in un mondo che oggi è protagonista importante nei PIL delle nazioni del vecchio continente, e che sta muovendosi a livello globale con interessi multi miliardari, oltre che politici e socio culturali.
È stato e per sempre resterà il Presidente delle grandeur milanista. Quando oggi parliamo di ricostruire un grande Milan, quando parliamo di giocatori da Milan, di ambizioni da Milan, di posizioni che spettano al Milan, abbiamo e sempre avremo come riferimento il suo.
Tra le tante anime di Silvio Berlusconi c’è certamente quella calcistica e non a caso i giornali oggi parlano dell’addio ad un Signore del Calcio, che ha traghettato il club dalle ceneri al tetto del mondo.