La domenica pomeriggio amara per i tifosi rossoneri già stressati dall’avvio col freno tirato, è stata se vogliamo superata e acuita dalle indiscrezioni del lunedì mattina, che vedrebbero una società immobile sul mercato degli svincolati anche qualora fosse confermato il lungo stop di Bennacer. Una non mossa che farebbe definitivamente cadere la maschera.
Già per molti amanti del Diavolo le speranze di un rilancio significativo per il nome forte dei free agent, ovvero Rabiot, erano ridottissime. E da quel che trapela quest’oggi potremmo affermare che non vi siano proprio chance di vedere Isma rimpiazzato dal francese ex Juve o da qualche altro giocatore oggi senza contratto.
Una situazione che va ad aggravare un problema già noto, ovvero un roster ridotto di mediani, per qualsiasi soluzione tattica a centrocampo. Quattro calciatori in rotazione per tre posti in pratica fino a gennaio. In campionato potranno esser richiamati dal Milan Futuro Vos, Zeroli o Liberali, mentre in Champions solo gli ultimi due di questa short list di giovani rossoneri.
Una defezione, peraltro perfino pronosticabile quella dell’algerino, che aggiungerà insidie a Fonseca, il quale ad oggi non ha trovato bandoli tattici da cavalcare. Risulta improbabile pensare a grandi traguardi in un contesto come quello che si sta vivendo a Milanello. Bruciato definitivamente l’entusiasmo, si rischia uno strappo di disaffezione forte e la bassissima richiesta di biglietti per la prima di Champions contro il Liverpool è solo l’ultima delle concrete riprove.
Da tempo si sostiene che il club abbia problemi di comunicazione. Si intende sia internamente, recenti vicende di campo lo testimoniano, ma anche verso l’esterno, verso i media in generale. Fino alla passata stagione veniva fissato il target delle top 4 o top 5 che pur non scaldando i cuori manteneva un alone di coerenza relativamente alle strategie del club. Quest’estate invece si è puntato sul riscatto, sulla volontà di costruire per vincere ma si è investito meno che in altre finestre di mercato. Se poi ci mettiamo due punti in tre gare, un atteggiamento lontano dall’esser accettabile, ci si ritrova col prossimo trittico di match come viatico decisivo già a metà settembre.
Eppure il modo di tener la piazza viva e affezionata c’era. Parlar chiaro ai tifosi è sempre un’idea che alla lunga porta dividendi, sopratutto in termini di emotività e calore. Se la strategia di base fosse stata quella di una valorizzazione dichiarata dei giovani cresciuti in casa, all’inizio non avrebbe scaldato i cuori ma sarebbe stata identitaria, e non avrebbe generato aspettative irraggiungibili. Il rischio, nemmeno troppo lontano, è aver contestazioni importanti a breve. L’allegria di carta pesta, quella de La Maschera di Trilussa di inizio 900, non regge già più.
