Due dichiarazioni, arrivate ai microfoni dei giornalisti nel post partita, manifestano perfettamente la debacle del Milan ieri a Parma. La prima è quella del match-winner, il gialloblù Matteo Cancellieri (“Ci siamo divertiti e si è visto“, un’umiliazione detta da un giocatore di una neopromossa), mentre la seconda – ancora più “pesante” – è quella del rossonero Yunus Musah: “A volte avevo il dubbio se andare a pressare o rimanere indietro“. Dichiarazioni, quelle dell’americano, che fanno il paio con quanto dichiarato una settimana prima da Morata dopo la partita contro il Torino: “Serve un cambio di mentalità, bisogna fare un passo mentale in più, per vincere titoli bisogna faticare di più ed essere più tosti”. Tattica e personalità, insomma: ad oggi, al Milan, dopo 180 minuti di “calcio vero”, mancano entrambe.
E non devono essere stati contenti nè Zlatan Ibrahimovic – inquadrato dalle telecamere in tribuna con un viso alquanto sconsolato – nè tantomeno Paulo Fonseca, molto amareggiato nel post partita, evidentemente deluso da una squadra che aveva dato ottime indicazioni nel precampionato, e poi si è sfaldata in campionato raccogliendo un solo punto (molto fortunoso) in due partite, come non accadeva da ben tredici anni. Eppure sono proprio loro a dover porre rimedio a questa situazione, nessun altro: il tecnico e colui che, di fatto, ha in mano la gestione dell’area tecnica rossonera. Ma in che modo? Innanzitutto con il mercato: il Milan ha un disperato bisogno di un altro centrocampista difensivo, perché il pur bravo Fofana da solo non può sobbarcarsi il ruolo di frangiflutti. E questo rinforzo non può essere l’altrettanto bravo Vos di cui si parla, prospetto interessante e futuribile, ma al Milan serve gente pronta ad essere buttata subito in trincea. E, magari, anche un centravanti perché Morata da solo non basta, Jovic non è un bomber di razza e Okafor è per lo più un esterno.
Poi, ovviamente, deve esserci il lavoro quotidiano: ormai lo hanno capito tutti, in primis gli avversari: questo Milan non può sostenere in alcun modo un modo di giocare così spregiudicato come quello che si è visto con Pioli nell’ultima stagione e che ora si sta vedendo anche con Fonseca, nonostante quest’ultimo abbia più volte voluto affermare che la sua squadra “difende diversamente dagli anni scorsi”. A questo punto, si accantoni il 4-2-3-1 e si passi ad un 4-3-3 più coperto, soprattutto nell’atteggiamento: non è reato serrare le fila e ripartire in contropiede, soprattutto con gli uomini che il tecnico portoghese ha a disposizione. E poi bisogna lavorare sull’atteggiamento, sulla concentrazione
e sull’attenzione di alcuni giocatori che dovrebbero essere dei leader caratteriali prima che ancora tecnici. Dunque, è bene prendere subito atto della realtà e correre ai ripari.