Storicamente e culturalmente, il Milan è stato abituato negli ultimi 30 anni a raggiungere risultati attraverso il gioco. Portar a casa vittorie striminzite, con sofferenza e cinismo, è qualcosa che probabilmente al club non appartiene e forse in qualche maniera incide ed influenza anche il modo in cui le gare dei rossoneri vengono commentate nel loro complesso dai vari media.
È un momento della stagione dove ad eccezione della sfida di Coppa Italia con la Lazio, la squadra fatica a metter insieme una prestazione convincente sui 90 minuti e questo aspetto inevitabilmente diventa determinante. Contro Sampdoria, Salernitana e Udinese, aver raccolto solo 5 punti è un peccato, e da tifosi forse la cosa peggiore è che in parte era qualcosa che ci si potesse attendere, perché l’ultimo step, quello propedeutico per vincere, c’è consapevolezza che ancora manchi.
Manca da qualche settimana soprattutto la compattezza. I reparti non sono corti come nel periodo di inizio stagione quando più spesso col falso nueve, l’occupazione del campo era migliore, con baricentro più alto e una capacità di pressare in avanti figlia anche di un momento atletico diverso da quello attuale.
È una questione più di reparti prima che di singoli. Tuttavia ora che Pioli può fare turnover e l’infermeria è meno intasata, fare le scelte giuste è paradossalmente più complicato. Alcuni titolari non sono in un gran momento e aver l’impegno di Coppa costringerà il mister a far rotazioni, sperando che possa giovare per entrambe le prossime sfide. Ci si gioca molto, il Milan spera di poterlo fare al meglio.